lunedì 12 dicembre 2016

Cercando un punto di contatto

Circa una decina di giorni fa è arrivata una nuova bambina, di 8 anni, e non ha tardato a farsi notare: è molto vivace, curiosa ed intelligente ma è anche capricciosa e spesso non ascolta quello che gli si dice, vuole fare quello che gli pare. E’ quest’ultimo aspetto che mi mette più in difficoltà perché in certe occasioni è talmente testarda che è difficile farle fare quello che non vuole e veramente non si sa che pesci pigliare.
All’inizio pensavo che il suo essere cocciuta fosse collegato al fatto di ritrovarsi qui senza conoscere nessuno e per questo poteva sentirsi sola: questa suo comportamento era dunque una reazione al nuovo ambiente e all’adattarsi ad esso. Probabilmente era un modo per richiamare l’attenzione su se stessa, un mezzo con cui far notare la propria presenza ma spesso risultava sbagliato visto che finiva per infastidire un po’ tutti, soprattutto le ragazze che hanno cominciato a metterla da parte ed a prenderla in giro.
Bisognava fare qualcosa ma prenderla con le buone non dava risultato: si finiva soltanto col perdere la pazienza. Per farle capire che così non andava bene si sono prese misure un po’ più drastiche: se non voleva andare con gli altri la si prendeva per la mano e la si obbligava a seguirci, si è provato a chiuderla in una stanza per pochi minuti per evitare i suoi capricci e farle capire che questo suo comportamento non era accettabile ma di progressi non ce n’era nemmeno l’ombra.
Cosa fare allora? Ero il primo che non aveva la minima idea di come approcciarmi con la nuova arrivata: l’unica cosa che sapevo è che non si poteva andare avanti così, non si poteva costringerla ad andare da qualche parte afferrandola per un braccio, non era giusto nè richiamarla ad alta voce nè tantomeno lasciarla da sola in una stanza chiusa…. La prima cosa che ho fatto è stato leggere la sua storia per capire perché è qui e se è meglio evitare certi castighi o qualche comportamento con lei: sua mamma la picchiava e da tre anni si trova nei centri di accoglienza, questo è il terzo hogar in cui viene trasferita. Nel suo profilo dice soltanto che fa fatica ad ascoltare quello che gli si dice e nulla più: è già tanto perché nella maggioranza dei casi non viene mai fatta menzione dei difetti dei ragazzi, che vengono poi scoperti col passare del tempo. E’ un punto di partenza perché posso intuire il possibile motivo di questo suo atteggiamento ma non mi racconta quello che ha provato in questi anni, che con tutta probabilità in qualche modo ha influenzato la sua vita: posso soltanto prenderne atto e mi rattristo per lei perché la persona che più doveva amarla è quella che le ha causato la maggiore sofferenza.
Nel vederla mi chiedo come potermi avvicinare a lei, quale sia il punto di contatto con il quale posso farle capire che sono qui per aiutarla e non per rimproverarla o punirla perché non rispetta la regole… Queste col passare del tempo le andrà a conoscere, quello che più mi preme è capire chi è per poi parlare con le altre bambine che la stanno emarginando per aiutarle ad accettarla così com’è, facendole ricordo che anche per loro inserirsi qui non è stato tutte rose e fiori. In attesa di trovare delle risposte non faccio altro che prestarle attenzione quando mi parla e cercando di farmi ascoltare quando la sua condotta è al di sopra delle righe: non è un segnale di inadeguatezza e nemmeno di debolezza, semplicemente è il mio modo di pormi mentre osservo e cerco di capire quale sia il miglio modo di agire.
Più passa il tempo e più mi rendo conto che quando arriva qualcuno di nuovo sento sempre più forte il bisogno di conoscere le ragioni per cui è arrivato qui e la sua storia, di sapere qualcosa in più di lui che non sta scritto da nessuna parte perché è un punto di partenza per cominciare a camminare insieme per un po’, è il modo per capire se è possibile trovare un contatto, un qualcosa che ci possa avvicinare per far così nascere un’amicizia.
Har baje

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